Il dialogo è il migliore strumento di cambiamento nella relazione di coaching.
La parola è per il coach ciò che la racchetta è per il tennista, ovvero lo strumento principale per esercitare la propria arte.
Il coach è un esperto di “comunicazione efficace”. Ma questa è un’espressione troppo generica e necessita di essere calata in un contesto specifico.
Nella relazione di coaching si utilizza una particolare forma di comunicazione efficace: il dialogo.
La parola “dialogo” deriva dal greco ed è composta da due elementi: dia e logos. Dia significa “in mezzo a”. Logos significa “ragione”, “significato”, e anche (semplicemente) “parola”. Quindi dia-logos vuol dire che ragione e significato non sono il monopolio di una parte, ma affiorano ed esprimono il massimo potenziale nel rapporto e nella comunicazione tra i dialoganti. Il logos quindi è condiviso e dipende in maniera cruciale dalla partecipazione di due o più persone.
Hans-Georg Gadamer, che può essere considerato il filosofo del dialogo per eccellenza, è ricordato per la sua insistenza sul fatto che: «ogni incontro interpersonale e ogni interpretazione del contenuto dipendono da un dialogo in cui i partecipanti sono disposti a trasgredire e superare la centralità del proprio essere nella direzione di una “fusione di orizzonti”».
Caratteristiche di un dialogo efficace
Un dialogo efficace è composto di ascolto, domande, parafrasi, suggestioni verbali e non verbali. Analizziamo brevemente questi aspetti per scoprirne l’importanza e l’efficacia.
Ascolto
Attraverso l’ascolto, il coach scopre la “visione del mondo” del coachee, e in particolare il tipo di linguaggio che il cliente adopera per “costruire” la propria realtà. Questi due elementi sono essenziali perché il coach, se vuol guadagnare la fiducia del cliente, deve “entrare” nella sua visione, nelle metafore con cui lo stesso riassume i suoi problemi, i suoi obiettivi, la sua esistenza. Già Aristotele scriveva:
Se vuoi convincere qualcuno, fallo con le sue stesse argomentazioni.
Domande
La domanda è un vero e proprio “potere”, perché orienta l’attenzione e il focus della persona a cui viene fatta. Il coach dovrebbe conoscere tutti i tipi di domanda più efficaci, per raccogliere informazioni in una prima fase. Inoltre, domandare serve a guidare il cliente verso nuovi punti di vista. Queste nuove percezioni della realtà potranno condurlo a reagire diversamente a quella stessa realtà che ora vede come problematica. Ciò gli consentirà di orientarsi in maniera più funzionale verso i suoi obiettivi.
Parafrasi
La parafrasi delle risposte del cliente è una tecnica efficacissima, che contiene molto in poco. Il cliente, nell’ascoltare ciò che poco prima ha detto, si sente ascoltato, riconosciuto, ed è portato a dare fiducia al professionista che gli sta di fronte. Ascoltare da una altra voce ciò che si è appena detto, peraltro, chiarisce al cliente i suoi stessi pensieri, perché è come se li vedesse scritti su un foglio.
Suggestioni
Le suggestioni, se ben utilizzate, bypassano la mente conscia e toccano corde sensibili come le emozioni e le sensazioni. Ecco perché il coach deve alternare un linguaggio “digitale” ad uno “analogico”, in una parola deve essere capace, con le sue parole, di evocare emozioni e sensazioni allineate agli scopi del cliente, che saranno vera e propria “energia” da usare per azioni di cambiamento. Dunque il coach sarà preparato nell’uso di aforismi, metafore, motti di spirito, racconti di vita. E sarà allenato a comunicare efficacemente non solo con le parole, ma anche con i gesti, con gli sguardi, le espressioni del volto, i sorrisi, la modulazione della voce.
Concludendo…
Nella faretra del coach non potranno mancare tutte queste frecce, ovvero le parti che compongono un dialogo efficace.
In realtà, sono strumenti che tutti noi già adoperiamo inconsapevolmente. Basta osservare se stessi e gli altri per rendersi conto che le nostre relazioni sono governate da tecniche di comunicazione (verbale e non verbale) diverse a seconda del contesto in cui ci troviamo o delle persone con cui entriamo in contatto: nessuno di noi userebbe lo stesso tipo di linguaggio per descrivere lo stesso avvenimento a un bimbo di 5 anni o a uno sconosciuto di 50 . Nel primo caso saremmo di sicuro più enfatici, evocativi, teatrali; nel secondo più esplicativi, analitici, razionali.
L’abilità del coach nel dialogare col cliente sarà proprio quella di utilizzare consapevolmente e strategicamente le competenze comunicazionali che ha già acquisito nel corso della sua esperienza di vita, ma che raramente ha utilizzato con uno scopo mirato.
Ovviamente, una volta appresa l’arte del dialogo, il coach dovrà costantemente allenarsi a questa “magica” competenza. Un po’ come il tennista deve continuare ad affinare e perfezionare il tocco di palla, nonostante abbia già appreso e acquisito la tecnica dei fondamentali.
Almeno una volta volta nella vita anche tu hai sperimentato la potenza…
…di una parola amorevole detta al momento giusto,
…di un’esortazione che smuove il corpo,
…di un rimprovero che paralizza,
…di un racconto che fa sognare,
…di un discorso che motiva,
…di un silenzio che confonde,
…di uno sguardo che ammalia,
…di un sorriso che coinvolge,
…di un’occhiataccia che genera timore,
…di una voce che penetra il cuore e la mente.
In principio parole e magia erano una cosa sola, e perfino oggi le parole conservano molto del loro potere magico.
S. Freud
S. Freud